Ar-Pharazôn:
da Armenelos ad Aman
by Emanuele
"Theoden" Scalzo-(T)
Received November 9, 2006
in the original Italian
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Aman,
il Reame Beato, nel quale vivono in ozio i Valar nella loro Valinor,
l’Olimpo
Tolkeniano se così ci è concesso chiamarlo. Sede di Valmar
e Taniquetil,
dei cortili tranquilli e curati, delle grandi e austere aule, dei
boschi mai
resi volgari da presenze terrene e mortali. Lo scorrere del tempo non
si
avverte in questi luoghi, e solo storie remote li cantano nelle Terre
oltre il
Mare ad elfi, nani e umani. Un Reame dove contrasti e guerre non si
vedevano da
Ere e che nessuno, nemmeno Melkor e le sue legioni aveva avuto il
coraggio di
affrontare e di spingersi sulle sue coste. Nella storia di Arda
c’è soltanto un
sovrano che in maniera funesta, dopotutto, mosse contro Aman, costui
è
Ar-Pharazôn il <<Dorato>>, venticinquesimo e
ultimo Re di
Númenór. Ma prima di narrare gli esiti della spedizione
che nel 3319 SE salpa
dal porto Numenoreano con vele nere e oro, è necessario fare
un’introduzione,
un preamobolo, sulla vita del temerario e orgoglioso sovrano.
Leggendo
le pagine del Silmarillion presto riusciamo a inquadrare il soggetto,
già prima che impugnasse lo scettro e che sedesse sul trono in
Armenelos e
questo avvenne poiché il trono fu usurpato da egli, sposando con
la forza la
legittima sovrana Míriel[i],
e si fece chiamare Ar-Pharazôn. Fu il più potente e
superbo capo che il regno
avesse mai avuto e il suo governo risultò incentrato alla guerra
come nessun
altro. Nessuno poteva tenergli testa tra i sovrani dell’epoca e quando
udì
delle scorrerie di Sauron nella Terra di Mezzo, e peggio ancora
dell’appellativo con il quale si autoapostrofava Sauron, ovvero “Re
degli
Uomini”[ii],
il monarca divenne furente, e risoluto giunse con le sue
potenti flotte
nella Terra di Mezzo. Occupato un colle vi pose i padiglioni ed il
trono invocando
al più presto la venuta al suo cospetto di Sauron, che non
aspettava altro se
non di poter interferire e mettere mano nelle questioni di
Númenór; e la sua
venuta non tardò, presentandosi al sovrano come un suo
sottoposto e con
lusinghe ed altre abili mosse Sauron riuscì ad ottenere
ciò che voleva. Così
Ar-Pharazôn, forte della sua vittoria, tornò nella
Capitale Numenoreana,
trascinandosi dietro Sauron come prigioniero (siamo nel 3262 SE). Ben
presto,
forte delle sue astuzie la posizione di Sauron, da prigioniero diventa
quella
di intimo del Re, fatto del quale non ci si può capacitare, con
il quale si
aprono dolenti pagine nella Storia di Arda. Non ci può essere
giustificazione
per questo errore ma ci sono abbastanza spiegazioni: l’ambizione, la
sete di
potere e lo smisurato orgoglio di Ar-Pharazôn aggiungendo quanto
di suo gli
inculcava Sauron nella mente, che non può essere considerato
poco. Più gli anni
andavano avanti, più il sovranno perdeva senno e forza,
più Sauron stringeva
nelle sue mani il reggente e Númenór; si poteva benissimo
dire che era lui che
governava il regno. Fu così che Sauron infine riuscì a
mettere addirittura
contro i Valar il fantoccio di Ar-Pharazôn, dicendogli con voce
affabile che
egli era il <<Re dei Re>>[iii]
e non poteva permettere di lasciare le Terre Imperiture ai Valar e che
possedendo quelle Terre sarebbe divenuto immortale, e che allora
sarebbe stato
dieci, cento volte più potente e grande di
Manwë. Così convinto il sovrano, ormai in preda alla
pazzia, solcò i
mari a bordo di Alcarondas, <<Castello del Mare>>,
portando
dietro gran parte dell’esercito per un scontro che credeva con
sicurezza di
vincere, la meta era naturalmente Aman e l’obbiettivo i Valar. Mentre
l’esercito possente era accampato Manwë invocò
Ilùvatar che, senza bisogno di
alcun esercito, prima fece sparire Númenór sotto rivoli
impetuosi, poi depositò
valanghe di terreno sul Re ed il suo esercito che finirono sepolti per
sempre
sulle coste di Valinor[iv].
Mai nelle odi si udì di un uomo pari per potenza ad
Ar-Pharazôn tuttavia
l’ambizione lo portò negli abissi senza luce dell’ira di
Ilùvatar.
[i] J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion; Milano,
Bompiani,2002 ; p.339.
[ii] ivi; p.339.
[iii] ivi; p.345.
[iv] ivi; p.350-351
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